Con patenti del 1717 e del 1719, l’imperatore austriaco Carlo VI proclamò Trieste porto franco e le concesse vari privilegi. In tali circostanze iniziarono ad affluire a Trieste vari commercianti da tutte le parti d’Europa. Tali privilegi furono in seguito ampliati dall’imperatrice austriaca Maria Teresa, con le sue significative patenti del 9 gennaio 1745 e del 27 aprile 1769.
Già nel 1736 si stabilirono a Trieste i primi commercianti serbi trasferitisi dall’Erzegovina, Bosnia, Montenegro e Dalmazia, e subito dopo anche dallo Srem, Banat e Lika. Contemporaneamente ai primi serbi si stabilirono a Trieste anche i primi commercianti greci. Con diploma dell’imperatrice Maria Teresa del 20 febbraio 1751, il cui originale si trova presso la Comunità religiosa serbo-ortodossa di Trieste (nel testo a seguire CRSO), fu concesso ai greci di fondare una collettività religiosa e di erigere un tempio a Trieste. La costruzione del tempio iniziò già nello stesso 1751.
I serbi di Trieste, desiderosi di pregare Iddio in un tempio ortodosso, si unirono subito ai correligionari greci, aiutandoli generosamente per la costruzione del tempio. Per questo motivo nel Comitato per la costruzione del tempio troviamo anche due serbi. Il tempio fu dedicato a San Spiridione Taumaturgo.
Già nel 1756 fu costituita a Trieste una Comunità religiosa greco – serba. Il primo Statuto, comune per i greci e per i serbi, fu deliberato dall’Assemblea della confraternita in data 30 agosto 1772 e approvato dall’imperatrice Maria Teresa il 28 febbraio 1773.
Tra i greci e i serbi corse disaccordo circa i sacerdoti e la lingua da usare nelle Sante Liturgie, in quanto le Sante Liturgie venivano officiate soltanto dal sacerdote greco. I serbi “erano molto addolorati di non avere un sacerdote serbo”, il quale avrebbe officiato nella “lingua a loro conosciuta e cara”. Tale contesa fu risolta dal rescritto imperiale del 1 marzo 1781, con il quale fu disposto che le funzioni religiose nel comune tempio di San Spiridione dovevano essere officiate alternativamente dal sacerdote greco e da quello serbo, rispettivamente in lingua greca e slava antica.
I greci, insoddisfatti di tale rescritto, abbandonarono l’unione con i serbi il Giovedì Santo dell’anno 1781. La separazione definitiva fu convalidata con decreto del governatore del 2 aprile 1782. Da allora ebbe inizio la vita religiosa separata dei greci e dei serbi di Trieste, anche se in fraterna armonia e amore.
I serbi, a cui rimase il tempio costruito in comune, pagarono la differenza ai fratelli greci, lo completarono e decorarono. Questo tempio comune era stato costruito su un terreno paludoso e franoso, dove una volta c’erano le saline, quindi iniziò a “oscillare”, “le cupole ad inclinarsi” e “le sue mura a screpolarsi”, come dicono le annotazioni dell’epoca. Perciò il Consiglio della Comunità decise nell’anno 1858 di demolire tale tempio e di costruirne uno nuovo, più grande e più bello, nello stesso posto. Il tempio fu demolito nella primavera del 1861 e subito fu iniziata la costruzione del nuovo tempio, l’attuale, anch’esso dedicato a San Spiridione Taumaturgo. Esso fu completato e consacrato nel 1869.
Già il 1 settembre 1793, nell’Assemblea della confraternita, i serbi si dettero un Regolamento-Statuto, il quale si differenziava pochissimo dallo Statuto comune con i greci del 1773. Il Regolamento-Statuto portava il titolo “Statuti e Regolamenti della Nazione e Confraternita Illirica stabilita dall’anno 1748 nella città e porto franco di Trieste”, o, secondo la traduzione di Vuk Stefanović Karadžić, “Statuti e Regolamenti del popolo e della Confraternita serba nella città e porto franco di Trieste“. Tale Regolamento-Statuto fu approvato nel 1793 dall’imperatore Francesco II e rimase in vigore fino al 1929, ovvero fino al 1950, quando risultò veramente superato e si rivelò necessario tenere il passo con lo spirito dei tempi nuovi, come scrive lo storico M. Purković.
Il 20 luglio 1925 fu firmato a Nettuno tra il Regno d’Italia ed il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni ”l’Accordo sulla Comunità religiosa serbo-ortodossa di Trieste” preceduto da altre convenzioni (di Roma del 27 gennaio 1924 e del 2 luglio 1924). Secondo l’Accordo di Nettuno (nel testo a seguire: Convenzione di Nettuno) fu tolto vigore allo Statuto del 1793, la CRSO perse carattere serbo e ortodosso, perché l’articolo 2 della Convenzione diceva che la Comunità avrebbe avuto “carattere di ente religioso popolare serbo – croato – sloveno”. Il diritto di controllo su di esso passò dal governo del Regno d’Italia al governo del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (articolo 2).
Secondo l’articolo 5 della Convenzione di Nettuno, e su richiesta del consolato reale jugoslavo a Trieste (numero 701 del 28 novembre 1928 e numero 56 del 12 dicembre 1928), il Consiglio della Comunità “votò” il nuovo Regolamento-Statuto, nella seduta del 12 dicembre 1928, anche se questo non era di sua competenza, poiché tale diritto apparteneva esclusivamente all’Assemblea della confraternita. Tale nuovo Regolamento (“Regolamento della Comunità religiosa serbo-ortodossa di Trieste”) venne approvato il 22 aprile 1929 (n. ris. 3352) dal Presidente del Consiglio Ministeriale e dal Ministro degli Affari Esteri del Regno di Jugoslavia e benedetto dal S. Sinodo della Chiesa Serbo Ortodossa (Sin n. 675/Verb. 473 del 11 aprile 1929). Nell’articolo 2 del Regolamento fu ribadito il carattere jugoslavo della Comunità religiosa serba: “la Comunità religiosa serba di Trieste e le sue istituzioni hanno carattere di ente popolare serbo – croato – sloveno”. Secondo la Convenzione di Nettuno e di tale Regolamento il diritto di controllo della Comunità passò dal governo del Regno d’Italia al Regno di Jugoslavia. Alle sedute del Consiglio partecipava, qualche volta, il console jugoslavo o un suo inviato in veste di “incaricato del Regio governo”, mediante il quale il Regno di Jugoslavia esercitava il proprio diritto di controllo, togliendo, di fatto, alla Comunità la sua autonomia. Ciò venne confermato anche dal fatto che il 12 dicembre 1928 il Consiglio votò senza esserne competente, il nuovo Statuto al posto dell’Assemblea della Comunità, l’unica ad averne diritto, secondo lo Statuto dei padri fondatori della Comunità. Tale nuovo Statuto rimase in vigore fino all’inizio della Seconda guerra mondiale.
La ruota della storia che tuonò in giro per il mondo durante il ventesimo secolo, lasciò tracce molto profonde in tutta l’Europa. Il vortice degli eventi europei e mondiali coinvolse anche la Comunità religiosa serbo-ortodossa di San Spiridione Taumaturgo di Trieste.
Dato che la Convenzione di Nettuno non fu mai ratificata dal Regno italiano, l’inizio della guerra con la Jugoslavia il 06 aprile 1941 fornì il pretesto all’Italia per nominare il proprio Commissario, che dirigeva la Comunità fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Dopo l’entrata dei comunisti jugoslavi a Trieste avvenne un ulteriore cambiamento.
Da parte loro venne nominato commissario il maestro Velimir Đerasimović che da anni operava nella scuola di Trieste. Questo periodo venne ricordato come uno dei più complessi nella storia della Comunità. I comunisti jugoslavi, noti come nemici della Chiesa serbo-ortodossa, nel 1944 uccisero il parroco Petar Vojinović e sua moglie Milka.
Con il cambiamento della situazione politica e l’abbandono della città da parte dei partigiani, all’Assemblea della confraternita del 10 ottobre 1948 la Comunità concluse che lo Statuto del 1793 era obsoleto, e quello del 1928 irregolare e inaccettabile per la confraternita della Comunità. Per questo motivo l’Assemblea della Comunità avviò il processo di modifica e integrazione dello Statuto del 1793; il nuovo Statuto fu adottato il 28 agosto 1949 e fu in vigore fino al 1967. Fu protetta con successo l’autonomia della Comunità insieme alla missione di promuovere la fede e la beneficienza nello spirito della religione ortodossa. Con lo scopo di adattare lo Statuto alle leggi della Repubblica italiana, esso fu modificato diverse volte. Solo nel 1966 si decise di avviare le sue profonde variazioni.
Con il Decreto del Presidente della Repubblica italiana, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 1967, il nuovo Statuto entrò in vigore. Con questo Statuto si salvaguardò l’autonomia dei padri fondatori e l’istituto della confraternita.
Nel corso dei secoli questo istituto è gradualmente sparito nella Chiesa serbo-ortodossa, e la confraternita di Trieste è l’unica rimanente in tutta la Chiesa serba. Con la sua esistenza e attività essa rappresenta una rarità storica e un eccellente esempio dei fedeli nel grembo della chiesa che si adoperano per il suo bene. Non si può e non si deve tacere il fatto che la Comunità, per salvaguardare il suo ruolo storico e per proteggersi dal regime comunista in Jugoslavia, con lo Statuto del 1967 aderì alla Chiesa serbo-ortodossa nel mondo libero. Quanto questo dava fastidio al regime di Broz testimoniano i due tentati rapimenti dell’allora presidente della Comunità Dragoljub Vurdelja. La Comunità religiosa serbo-ortodossa rimase parte della Chiesa serbo-ortodossa autonoma nel mondo libero fino al 1989, quando, con la decisione della confraternita, e soprattutto grazie all’impegno del defunto presidente Dušan Šain, ritornò alla madre chiesa con la sede a Belgrado. Sono numerose e inattaccabili le prove sui tentativi della madre chiesa, ovvero del Patriarcato e di alcuni attuali vescovi, di annullare lo Statuto dei padri fondatori e togliere l’autonomia a questa Comunità religiosa in diaspora di così grande importanza.
Autonomi ai sensi del proprio Statuto, noi membri ella CRSO e della confraternita anche oggi, come in tutti i precedenti 260 anni, salvaguardiamo la nostra fede ortodossa e il lascito dei nostri nobili padri fondatori, determinati di proseguire così anche nel futuro. Al contempo, la nostra Comunità è pronta e aperta alla cooperazione con tutte le altre istituzioni e comunità religiose, ai sensi del nostro Statuto e delle vigenti norme della Repubblica italiana.